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Novena alla B. Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso NovenaIn cammino con laBeata Maria Giuseppinadi Gesù Crocifisso Cenni biografici Beata Maria Giuseppina di Gesù Crocifisso(Giuseppina Catanea) Nacque a Napoli il 18 febbraio 1894. Battezzata il 22 gennaio 1894 col nome di Giueppina Catenea.Nel dicembre 1918, trovandosi in monastero, fu colpita dalla febbre spagnola, con varie complicazioni che la tennero immobilizzata. Il 26 Giugno 1923 fu guarita miracolosamente dalla reliquia del braccio di S. Francesco Saverio.Il 7 Dicembre 1932 dopo 22anni il Monastero dei SS. Teresa e Giuseppe viene approvato dalla Santa Sede. E il 30 gennaio 1933 la Beata vestì il Sacro Abito delle Carmelitane Scalze ricevendo il nome di Sr Maria Giuseppina di Gesù CrocifissoIl 6agosto 1933 fece la Professione Solenne e la Velazione.Il 2 aprile 1934 fu nominata sottopriora.Il 6 Agosto 1945 fu proclamata vicaria e il 29 settembre dello stesso anno fu eletta priora.Il 14 Marzo 1948 suor Giuseppina lascia questa terra in odore di santitàIl 1° giugno 2008 è stata beatificata da Sua Santità Papa Benedetto XVI Veni Sancte Spiritus! Vieni divino cesellatore, lavora l’anima mia, rendila docile ai tocchi del tuo amore.Rendimi pronta alle tue ispirazioni,vivificami come mia forza generatrice.Fecondami o mio Signore, affinchèio fiorisca nella santitàe fruttifichi per te nell’eroismo dell’amore.Fa chi io sia sempre attentaalle tue illustrazioni internee che raccolga le divine sementi.Veni Sancte Spiritus! I Giorno Come sono contenta che vivi in un maggior raccoglimento interiore… comincia da oggi a sedere vicino a Gesù più a lungo per ritrovare in Lui la generosità di immergerti sempre più nei suoi santi voleri e la grazia di trasformarti completamente in Lui. (Lettera) Preghiamo: Signore per intercessione della Beata Maria Giuseppina cresca ogni giorno di più la nostra intimità con Gesù, per poter fare sempre quello che più piace a Lui. 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi II Giorno In ogni vostra orazione dovete dimostrare che siete con Dio, che cosa dolce vivere con Dio, conversare con Lui, donarsi a Lui, servirlo, amarlo e non avere nulla sulla terra che ci distrae da Lui. Quale felicità è per noi la S. Comunione quando Gesù vive tutto in noi. (Pensieri) Preghiamo: Signore, per intercessione della Beata Maria Giuseppina aiutaci a riscoprire la meravigliosa presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia che vuole accompagnarci tutti i giorni per vivere sempre in comunione con Lui. 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi III Giorno Finché saremo su questa terra non potremo sfuggire alla lotta. Mettetevi perciò nelle braccia amorose della SS. Vergine e fatevi bambina. I bambini non capiscono pericoli, sono sicuri della mamma loro e se alcuno vuole fare loro del male più si stringono al cuore materno. (Pensieri) Preghiamo: Signore, per intercessione della Beata Maria Giuseppina ottienici di vivere in compagnia della tua purissima Madre gettando nel suo Cuore ogni nostra preoccupazione e debolezza 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi IV Giorno La vera carità, figlia, il vero amore è piangere con chi piange, gioire con chi sta nella gioia, stare tristi coi mesti, insomma dimenticare se stessi, aiutare i bisognosi materiali e spirituali guardando Dio solo. Preghi lo Spirito Santo che glielo accresca ancora questo dono della pietà e che la ispiri ad agire però sempre con prudenza e semplicità. (Lettera) Preghiamo: Signore, per intercessione della Beata Maria Giuseppina, aiutaci a far nostre le pene e le gioie dei fratelli. Lo Spirito Santo ci suggerisca parole e gesti di consolazione, per rialzare chi è solo nella prova e nello scoraggiamento. 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi V Giorno Perché passi nella tristezza i tuoi giorni? Non vedi, non senti come Gesù stringe al Suo Cuore l’anima tua e come t’invita a bere alla fonte della vita. (Pensieri) Preghiamo: Signore, per intercessione della Beata Maria Giuseppina aiutaci ad accettare e vivere sempre la logica del dono e della croce e riscoprire in esse la gioia di essere cristiano, le certezze personali di essere infinitamente amati al di là di tutto. 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi VI Giorno Vigiliamo sempre attentamente di non far penetrare in noi pensieri che ci turbano e ci tolgono la pace e quando questi ostinatamente offuscano la serenità della nostra anima ricorriamo a Maria e riposiamo in Lei. (Pensieri) Preghiamo: Signore, per intercessione della Beata Maria Giuseppina ti offriamo tutti i nostri timori e tormenti, fa che si dileguino tutti i cattivi pensieri. È questa la nostra speranza, la nostra consolazione sia il rifugiarsi sotto il manto di Maria per ottenere protezione, coraggio, vittoria. 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi VII Giorno Rendete sempre più feconda la vostra vita dando tutto a Maria. Per le sue mani immacolate fate passare tutto e fate rivivere nella vostra vita la sua. Offrite per lei le vostre preghiere, i vostri sacrifici e coprite col suo manto ogni debolezza, sostituendo col suo amore ogni freddezza. (Pensieri) Preghiamo: Per intercessione della Beata Maria Giuseppina concedimi, o Padre misericordioso, di vivere in un totale fiducioso abbandono nel cuore Immacolato di Maria, perché tutto il nostro vivere sia conforme al tuo volere e fecondo di bene per la salvezza delle anime. 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi VIII Giorno Il Signore permette che certe miserie involontarie rimangono in te come tutela della purezza dello spirito, cioè la santa umiltà. Sii paziente, figlia mia cara e benedetta e ricordati che la pazienza è la misura di tutte le virtù. Gesù ti benedica e ti chiuda nel Suo Cuore (Pensieri) Preghiamo: Padre santo per l’intercessione della Beata Maria Giuseppina fa che sappiamo valorizzare le nostre miserie involontarie immergendole nel Sangue di Cristo, così da poter risorgere giorno per giorno a vita nuova. 3 Gloria al PadreB. Maria Giuseppina, prega per noi IX Giorno La volontà di Dio è stata sempre la brama ardente del mio cuore, null’altro ho desiderato. Io ho vissuto e vivo di questa volontà divina. Essa mi è necessaria più del pane che mi nutre e dell’aria che
Serva di Dio Teresa di Gesù Gimma La Serva di Dio Sr. Teresa di Gesù (al secolo Gimma), del monastero S. Teresa, delle Carmelitane Scalze di Bari, visse l’esperienza della resistenza, fino al 12 luglio 1920 (il 13 luglio dovette lasciare il monastero di S. Giuseppe in Bari), e della resa, dal 13 luglio 1920 al 30 novembre 1948, facendo di questo percorso umano, ancora così poco scandagliato e spesso addomesticato, il suo vero e profondo itinerario verso l’obbedienza ecclesiale e l’intima unione con Dio. 1. Cari fratelli e sorelle, vorrei proprio iniziare da una verità della nostra fede, che proclamiamo nel Simbolo apostolico, quando diciamo: «Credo … la comunione dei santi». Il Concilio Vaticano II ci dona un insegnamento profondo al riguardo: «non veneriamo la memoria dei santi solo a titolo di esempio, ma più ancora perché l’unione di tutta la Chiesa nello Spirito Santo sia consolidata dall’esercizio della carità fraterna. Poiché come la cristiana comunione tra coloro che sono in cammino ci porta più vicino a Cristo, così la comunione con i santi ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla fonte e dal capo, promana tutta la grazia e tutta la vita dello stesso popolo di Dio» [Lumen gentium 80]. Esiste, dunque, una reale vita in comune che noi condividiamo con tutti coloro che ci hanno preceduto nel cammino della fede: la vita di Cristo in noi, per la grazia battesimale, è la stessa vita che è in loro. Questa grazia di inabitazione e diconfigurazione cristica è dono di Dio Padre, ma è impastata, in tutti i credenti, dallo Spirito Santo che la rende grazia unitiva, facendo una sola vita di tutti, saldando le esistenze credenti. Il rapporto fra ciascuno di noi e coloro che sono in Dio è quindi molto più profondo del rapporto che condividiamo con gli uomini e donne con cui conviviamo nella stessa città o nella stessa famiglia. La Chiesa ama celebrare questa comunione e partecipazione dei suoi figli e con i suoi figli, perché l’unione viva con loro è la sua stessa vita, sono parte di se stessa. L’incontro con gli scritti spirituali di Sr. Teresa di Gesù (Gimma) sono una opportunità per abitare più profondamente la traccia interiore di questa carmelitana scalza, rappresentano un valido strumento per illuminare la storia di questa donna, servono a maturare un senso più perspicace del mistero della Chiesa. 2. Suor Teresa di Gesù (Gimma), appartiene a quella compagine di testimoni della fede che la teologia cattolica contemporanea indica col nome di martiri bianchi. Non stupisca questa affermazione applicata alla vita di Sr. Teresa in quanto, a mio modo di vedere, occorrerebbe rivisitare, proprio a partire da questa categoria, quello che accadde nel “secondo tempo” dell’ esistenza terrena di questa nostra sorella, più precisamente quello che va dal 13 luglio 1920 al 30 novembre 1948, tentando di venir fuori dalle letture storico-interpretative date fino a questo momento. Chi sono i martiri bianchi? Che cosa significa esserlo? Perché alcuni testimoni della fede sono chiamati in questo modo? Sicuramente abbiamo un’idea abbastanza chiara su chi sono i martiri rossi; le cronache riferiscono oramai quotidianamente sulle morti di quanti periscono nella loro qualità di testimoni di Cristo, di quanti, in tutto il mondo, vengono barbaramente uccisi perché cristiani. Questa schiera di testimoni li definiamo martiri rossi. Ora, la prima cosa da non fare, volendo definire il martirio bianco, è quella di legarlo a fatti ed esperienze fuori dell’ordinario, ad esperienze di violenze fisiche e a persecuzioni violente. Una “morte” lenta ed anonima attende i martiri bianchi, una “morte” che non lascia neanche l’aura della gloria ma l’ombra del sospetto, della calunnia. Non c’è onore nel martirio bianco, c’è solo coerenza e fede nel Nazareno. La vita del martire bianco non scuote le coscienze perché viene nascosta ed infangata, tuttavia è un percorso meritorio agli occhi di Dio perché ricorda il silente lavoro dell’operaio nella vigna del Signore. Ma quanta fatica! E’ un quotidiano stillicidio, una tortura giornaliera, una vessazione continua. La vicenda di Sr. Teresa di Gesù (Gimma) mi induce a pensare che la sua esistenza è stata come un “martirio bianco” perché non con il sangue, ma portando il peso di scelte altrui, accolte con fede, obbedienza ecclesiale e senso filiale, ha pagato il prezzo, tra resistenza e resa, di testimoniare Cristo crocifisso. Il martire bianco è colui che porta ad una perfezione tale quella stessa fede che è in ognuno di noi, che per lui il mondo diviene la realtà in cui vive abitualmente nell’intima comunione con la SS.ma Trinità (confessio Trinitatis). Da questo promana una conseguenza assai importante. Il martire bianco, cioè colui che ha avuto il dono di un’esperienza di fede particolare, diventa guida di tutti i suoi fratelli e sorelle: con la sua stessa presenza e, non raramente, come nel caso di Sr. Teresa di Gesù (Gimma), anche con i suoi scritti. È guida perché testimonia che nella vita non siamo solo noi a decidere, ma ci sono situazioni, umanamente incomprensibili, in cui altri decidono per noi perché esercitano un potere istituzionale o affettivo, psicologico o di contraccambio. Questa esperienza, che ho definito di “resa”, nel caso di Sr. Teresa di Gesù (Gimma) non si configura come una forma di vita passiva, né come debolezza, ma assume i caratteri della “consegna”, dell’auto-consegna. Sr. Teresa (Gimma), da questo punto di vista, è coscienza critica della nostra città attraversata, all’indomani della prima grande guerra mondiale, da problemi sociali, economici ed umani, dalla forte ondata massonica ed anticlericale, dalla volontà della Chiesa cattolica di affermare la verità e la sua rilevanza storica e, nel nostro caso specifico, dalla determinazione, da parte della famiglia Gimma, che gestiva un ingente patrimonio ed annoverava nel suo albero genealogico uomini di cultura e di fede, personalità di prestigio e di rilevanza pubblica, di non lasciare scomparire il prestigio del proprio casato. 3. Sr. Teresa (Gimma), infine, è una donna: appartiene a quella straordinaria schiera di donne che hanno segnato la storia della Chiesa e della città di Bari nel secolo ventesimo, come Elia di S. Clemente e Bina Morfini, per limitarmi a qualche nome. Esiste qualcosa che le accomuna, oltre alla loro appartenenza spirituale
Beata Giuseppina di Gesù Crocifisso La santità di Dio ha visitato la nostra Provincia attraverso la vita bella del Vangelo della Beata Sr. M. Giuseppina di Gesù Crocifisso (+14 marzo 1948). Come non ricordare i racconti di tanti nostri Padri che l’hanno conosciuta e che sempre hanno serbato un ricordo vivo e grato della Sua amabilità e della testimonianza coraggiosa della sequela di Gesù? Come non fare memoria delle tante visite fatte da tanti di noi, ancora giovani frati, al monastero dei Ponti Rossi per parlare con la Madre Giuseppina o, semplicemente, per sentire la sua presenza e la bellezza della vita passata, quasi come un testimone, nella vita bella di tante sorelle? L’intreccio di questi ricordi e di quello che Ponti Rossi significa per tutti noi, fa la storia di una relazione che mi auguro possa sempre più tramutarsi in dono meraviglioso e speranza viva per la Provincia. Il ricordo, però, rappresenta per noi come un memoriale, riveste una portata che non è solo pensiero rivolto all’indietro, ma impegno di conformazione e di trasformazione della propria vita nel presente. Il memoriale, infatti, non ha solo forza attrattiva, ma coinvolge, ti rende compresente all’evento, crea come una forma di partecipazione profonda tra la tua vita e quello che il memoriale rappresenta. In questo senso possiamo realisticamente credere che la testimonianza della Beata Sr. M. Giuseppina è impegno di santità, di vita buona del Vangelo soprattutto per noi frati, monache e laici dell’OCDS della Provincia di Napoli. Questa singolarità non rappresenta un privilegio, ma deriva proprio dalla comune e condivisa partecipazione al carisma Carmelitano teresiano in questa Circoscrizione dell’Ordine e in questa parte di Chiesa. Anzi, è proprio questo nostro ricordo vivo che portiamo di Lei -come Carmelitani Scalzi- che produce come una espansione ecclesiale della sua stessa vita e della sua testimonianza, fino a rendere quel ricordo vitale un dono che non ci appartiene, perché dono per la Chiesa, per l’umanità. La Beata Sr. M. Giuseppina è stata una donna che ha prestato attenzione alla gente, che sentiva come parte di se stessa, della sua vocazione e missione. La vita buona del Vangelo l’aveva portata a capire che Dio non può essere felice mentre il mondo langue: “La mia felicità è far contenti gli altri, sollevarli, aiutarli”. Aveva capito che il cuore stesso del cristianesimo è la carità e che pertanto, come ricorda il S. Padre Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima 2012, la vita cristiana esige: “l’attenzione all’altro, la reciprocità e la santità personale”. Mi sembra che queste tre coordinate racchiudono qualcosa di quello che la Beata M. Giuseppina è stata per la sua città, la nostra Provincia religiosa e per la stessa Chiesa. Lei ha vissuto la responsabilità verso i fratelli prendendosi cura di ogni persona che bussava alla porta del monastero, si è sentita custode dei suoi fratelli (Gen. 4,9). “Anche oggi Dio ci chiede di essere <custodi> dei nostri fratelli, di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell’altro e a tutto il suo bene… Se coltiviamo questo sguardo di fraternità, la solidarietà, la giustizia, così come la misericordia e la compassione, scaturiranno naturalmente dal nostro cuore” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2012). Lei ha vissuto il dono della reciprocità in mezzo ad un mondo lacerato dalla guerra e dalla povertà, mentre la società del suo tempo, come la nostra, sembrava sorda non solo alle sofferenze fisiche, ma anche a quelle spirituali e morali della vita. La <custodia> della memoria che la Beata Sr. M. Giuseppina ha avuto verso gli altri ci deve portare a vivere in comunione, legati gli uni agli altri come membra di un solo corpo. “Ciò significa che l’altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2012). Lei ha vissuto la santità come un camminare davanti a noi. “L’attenzione reciproca ha come scopo il mutuo spronarsi ad un amore effettivo sempre maggiore, <come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio> (Pr. 4,18), in attesa di vivere il giorno senza tramonto di Dio” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2012). Il suo camminare dinanzi è stato come un mostrarci la via. La Beata M. Giuseppina non si è mai risparmiata, non ha conosciuto la scienza del calcolo: “Il mio riposo consiste nel servire, aiutare, sopportare”. Solo chi decide di vivere il quotidiano in questo modo, da battistrada, può capire che la carità è il ministero dell’inquietudine e della felicità che si fa attenzione all’altro, del volto bagnato dalle lacrime della gioia e della sofferenza condivisa, il ministero della passione per il Regno che spinge la vita a tendere alla “misura alta” (Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Novo millennio ineunte, 31).
S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) Ci inchiniamo profondamente di fronte alla testimonianza della vita e della morte di Edith Stein, illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo. Suor Teresa Benedetta della Croce, una personalità che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde che ancora sanguinano; nello stesso tempo la sintesi di una verità piena al di sopra dell’uomo, in un cuore che rimase così a lungo inquieto e inappagato, “fino a quando finalmente trovò pace in Dio””, queste parole furono pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II in occasione della beatificazione di Edith Stein a Colonia, il 1° maggio del 1987. Chi fu questa donna? Quando il 12 ottobre 1891 Edith Stein nacque a Breslavia, quale ultima di 11 figli, la famiglia festeggiava lo Yom Kippur, la maggior festività ebraica, il giorno dell’espiazione. ” Più di ogni altra cosa ciò ha contribuito a rendere particolarmente cara alla madre la sua figlia più giovane “. Proprio questa data della nascita fu per la carmelitana quasi un vaticinio.Il padre, commerciante in legname, venne a mancare quando Edith non aveva ancora compiuto il secondo anno d’età. La madre, una donna molto religiosa, solerte e volitiva, veramente un’ammirevole persona, rimasta sola dovette sia accudire alla famiglia sia condurre la grande azienda; non riuscì però a mantenere nei figli una fede vitale. Edith perse la fede in Dio. ” In piena coscienza e di libera scelta smisi di pregare “.Consegui brillantemente la maturità nel 1911 ed iniziò a studiare germanistica e storia all’Università di Breslavia, più per conseguire una base di futuro sostentamento che per passione. Il suo vero interesse era invece la filosofia. S’interessava molto anche di questioni riguardanti le donne. Entrò a far parte dell’organizzazione ” Associazione Prussiana per il Diritto Femminile al Voto “. Più tardi scrisse: ” Quale ginnasiale e giovane studente fui una radicale femminista. Persi poi l’interesse a tutta la questione. Ora sono alla ricerca di soluzioni puramente obiettive “.Nel 1913 la studentessa Edith Stein si recò a Gottinga per frequentare le lezioni universitarie di Edmund Husserl, divenne sua discepola e assistente ed anche conseguì con lui la sua laurea. A quel tempo Edmund Husserl affascinava il pubblico con un nuovo concetto della verità: il mondo percepito esisteva non solamente in maniera kantiana della percezione soggettiva. I suoi discepoli comprendevano la sua filosofia quale svolta verso il concreto. ” Ritorno all’oggettivismo “. La fenomenologia condusse, senza che lui ne avesse l’intenzione, non pochi dei suoi studenti e studentesse alla fede cristiana. A Gottinga Edith Stein incontrò anche il filosofo Max Scheler.Quest’incontro richiamò la sua attenzione sul cattolicesimo. Però non dimenticò quello studio che le doveva procurare il pane futuro. Nel gennaio del 1915 superò con lode l’esame di stato. Non iniziò però il periodo di formazione professionale.Allo scoppiare della prima guerra mondiale scrisse: ” Ora non ho più una mia propria vita”. Frequentò un corso d’infermiera e prestò servizio in un ospedale militare austriaco. Per lei furono tempi duri. Accudisce i degenti del reparto malati di tifo, presta servizio in sala operatoria, vede morire uomini nel fior della gioventù. Alla chiusura dell’ospedale militare, nel 1916, seguì Husserl a Friburgo nella Brisgovia, ivi conseguì nel 1917 la laurea ” summa cum laude ” con una tesi “Sul problema dell’empatia”.A quel tempo accadde che osservò come una popolana, con la cesta della spesa, entrò nel Duomo di Francoforte e si soffermò per una breve preghiera. ” Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse ad un intimo colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l’accaduto “. Nelle ultime pagine della sua tesi di laurea scrisse: ” Ci sono stati degli individui che in seguito ad un’improvvisa mutazione della loro personalità hanno creduto di incontrare la misericordia divina”. Come arrivò a questa asserzione?Edith Stein era legata da rapporti di profonda amicizia con l’assistente di Husserl a Gottinga, Adolf Reinach e la sua consorte. Adolf Reinach muore in Fiandra nel novembre del 1917. Edith si reca a Gottinga. I Reinach si erano convertiti alla fede evangelica. Edith aveva una certa ritrosia rispetto all’incontro con la giovane vedova. Con molto stupore incontrò una credente. ” Questo è stato il mio primo incontro con la croce e con la forza divina che trasmette ai suoi portatori … Fu il momento in cui la mia irreligiosità crollò e Cristo rifulse “. Più tardi scriverà: ” Ciò che non era nei miei piani era nei piani di Dio. In me prende vita la profonda convinzione che-visto dal lato di Dio – non esiste il caso; tutta la mia vita, fino ai minimi particolari, è già tracciata nei piani della provvidenza divina e davanti agli occhi assolutamente veggenti di Dio presenta una correlazione perfettamente compiuta”.Nell’autunno del 1918 Edith Stein cessò l’attività di assistente presso Edmund Husserl. Questo poiché desiderava di lavorare indipendentemente. Per la prima volta dopo la sua conversione Edith Stein visitò Husserl nel 1930. Ebbe con lui una discussione sulla sua nuova fede nella quale lo avrebbe volentieri voluto partecipe. Poi scrisse la sorprendente frase: ” Dopo ogni incontro che mi fa sentire l’impossibilità di influenzare direttamente, s’acuisce in me l’impellenza di un mio proprio olocausto “.Edith Stein desiderava ottenere l’abilitazione alla libera docenza. A quel tempo ciò era cosa irraggiungibile per una donna. Husserl si pronunciò in una perizia: ” Se la carriera universitaria venisse resa accessibile per le donne, potrei allora caldamente raccomandarla più di qualsiasi altra persona per l’ammissione all’esame di abilitazione “. Più tardi le venne negata l’abilitazione a causa della sua origine giudaica.Edith Stein ritorna a Breslavia. Scrive articoli a giustificazione della psicologia e discipline umanistiche. Legge però anche il Nuovo Testamento, Kierkegaard e il libriccino d’esercizi di Ignazio di Loyola. Percepisce che un tale scritto non si può semplicemente leggere, bisogna metterlo in pratica.Nell’estate del 1921 si recò per alcune
S. Teresa di Lisieux È patrona dei missionari dal 1927 e, dal 1944, assieme a Giovanna d’Arco, anche patrona di Francia. Il 19 ottobre 1997 fu dichiarata dottore della Chiesa, la terza donna a ricevere tale titolo dopo Caterina da Siena e appunto Teresa d’Ávila. L’impatto delle sue pubblicazioni postume, tra cui Storia di un’anima pubblicata poco tempo dopo la sua morte, è stato notevole. La devozione a santa Teresa di Lisieux si è sviluppata dappertutto nel mondo. Considerata da Pio XI come la “stella del suo pontificato”, è stata beatificata poi canonizzata nel 1925. Monaca di clausura, paradossalmente è stata dichiarata patrona delle missioni e, con Giovanna D’Arco (canonizzata già nel 1920), proclamata “Patrona secondaria di Francia”. Infine è stata anche proclamata 33° dottore della Chiesa da Giovanni Paolo II nel 1997 per il centenario della sua morte. Figlia di una coppia che commerciava in oreficeria, orologeria e nel “punto d’Alencon”, Louis Martin e Zélie Guérin, Thérèse perde sua madre all’età di quattro anni e mezzo. Viene pertanto accudita dalle sorelle maggiori Marie e Pauline, che una dopo l’altra entrano al Carmelo di Lisieux, facendo però così rivivere alla bambina quel sentimento di abbandono già provato con la perdita della madre. Malgrado ciò Teresa sente ben presto una chiamata alla vita religiosa e superando ogni ostacolo riesce infine ad entrare anch’essa come le sue sorelle al Carmelo di Lisieux all’età di quindici anni. Dopo nove anni di vita religiosa, di cui i due ultimi passati in una “notte della fede”, Teresa muore di tubercolosi il 30 settembre 1897, come si racconta nelle testimonianze del tempo tra le 19h20m e le 19h30m, all’età di 24 anni. La novità della sua spiritualità, chiamata anche teologia della “piccola via”, dell’infanzia spirituale, ha ispirato numerosi credenti. Teresa propone di ricercare la santità, non nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani anche i più insignificanti, a condizione di compierli per amore di Dio. Proclamandola 33° dottore della Chiesa, il S. Giovanni Paolo II ha riconosciuto ipso facto l’esemplarità della sua via e dei suoi scritti. Qui risiede uno dei paradossi di Teresa di Lisieux: morta sconosciuta poiché monaca di clausura, è celebrata e venerata a livello mondiale. Edificata in suo onore, la Basilica di Lisieux è il secondo luogo di pellegrinaggio di Francia solo dopo Lourdes. (tratto da Wikipedia)